da elle.com

di Elisabetta Muritti

Siparietti contemporanei: L.T., cinquantenne, giornalista, docente e curatrice di design, che pensa che ogni progetto debba essere uno strumento per cambiare il mondo in meglio (così ha sempre scritto), ha postato sui social il suo spaesamento per l’avvento di MidJourney, software di generazione di immagini basata sull’intelligenza artificiale. L.T. sa che per “sopravvivere” a un’AI che entra nella produzione artistica e intellettuale si dovrebbe imparare a usarla molto bene, ma percepisce di non sentirsi abbastanza giovane per farlo. E intanto il tempo corre.

In gennaio, i praticanti del master in Giornalismo e comunicazione multimediale dell’Università Luiss di Roma hanno realizzato il numero zero di Zeta, la testata periodica del corso, scritto interamente con ChatGPT e illustrato da MidJourney e da DALL-E 2. «Sì, bello, ma perché state segando il ramo su cui siete seduti?», avrebbe commentato un maturo caporedattore.

Ecco il punto: al netto di come ciascuno di noi giudichi – o deprechi – la fulminea rapidità con cui stanno muovendosi tecnologie dirompenti, quello che è umanamente interessante è la progressiva avanzata di una nuova, inedita e affollatissima anzianità: la vecchiaia digitale. Detto in soldoni: i boomer, e cioè i nati tra il 1946 e il 1964, che la rete l’hanno inventata e la stanno ancora “abitando” (e, citando Nicola Palmarini, direttore del Nica – UK National Innovation centre for ageing, centro di ricerca per lo sviluppo di soluzioni innovative dedicate alla longevità, hanno inventato pure il gps, lo smartphone, i bitcoin e anche l’intelligenza artificiale), stanno scivolando verso una terza età mai vista prima. Totalmente immersa nel digitale e popolata da “vecchi giovani” numerosissimi, a cui si chiede di diventare anziani senza diventare adulti. L’analisi, a tratti impietosa, a tratti militante e affettuosa, viene da un saggio, Invecchiare al tempo della rete (Einaudi), scritto da Massimo Mantellini, classe 1961, super esperto della rete italiana (il suo manteblog è uno dei blog personali italiani più letti).

Il fenomeno è imponente, riguarda 15 milioni italiani d’età compresa tra i 52 e i 70 anni, un quarto della popolazione, che invecchiano online o tentano di farlo. Nel giro di pochi decenni il numero di profili Facebook dei defunti supererà quello dei profili dei viventi. «La transizione digitale è in qualche modo inevitabile, ma le modalità con cui avviene non sono fisse e decise a priori. La vecchiaia digitale è un campo di gioco inedito, ancora tutto da immaginare, ma del quale nessuno si occupa», commenta Mantellini. Che, nel suo saggio, sembra quasi sperare in una “ribellione” delle pantere grigie del web, all’insegna di un rallentamento che farebbe bene a tutte le generazioni. Partigiani della buona decelerazione? Alla fin fine, è questo lo scenario che preferisce? «Nonostante la rivoluzione digitale sia relativamente recente, ci ha già fatto capire più volte che esiste una grande distanza fra le potenzialità degli strumenti e le modalità con le quali le persone decidono di utilizzarli. Quale sarà il nostro modo di vivere nei prossimi anni? Difficile da immaginare, ma certamente non c’è uno scenario che preferisco», risponde. «Quello che mi sembrerebbe auspicabile è che alcuni falsi miti – per esempio che la velocità e la quantità di informazioni disponibili siano tutto – vengano ridimensionati. La velocità sembra bellissima ma toglie il tempo che ci serve a sedimentare e comprendere le informazioni, che è forse la parte più importante. Mi piacerebbe che in futuro si guardasse di nuovo alla profondità delle cose invece che occuparsi della loro sostituzione. Ma anche questo, forse, è un pensiero da anziani».

Già, gli anziani. Dai boomer “vecchi giovani” che diffidano di MidJourney agli ottuagenari in salute che hanno imparato a usare WhatsApp e Zoom durante la pandemia. Resta il fatto che la tecnologia marginalizza chi è invecchiato. Perché, come sostiene Mantellini, la tecnologia è anticiclica: è fatta da giovani per i giovani, i quali vanno diminuendo ovunque. Peccato che al suo uso vadano convinti i sempre più numerosi âgés… «La tecnologia dovrebbe essere ripensata, perché anche il fatto che debba essere innovativa in maniera teatrale e improvvisa è un mito un po’ ridicolo che ci arriva dalla retorica delle aziende tecnologiche americane. Le tecnologie anticicliche vorrebbero caricare un anziano sopra un fiammante monopattino elettrico e farlo zigzagare nel traffico, perché queste tecnologie continuano a essere immaginate da giovani per altri giovani e poi offerte sul mercato a un pubblico il più ampio possibile. Tutte le tecnologie d’ampio utilizzo soffrono oggi di questo peccato originale. Per il mio accesso alla Spid serve una doppia autenticazione (con una password complicata che scade ogni 6 mesi), e un’ulteriore app sul cellulare che genera un codice temporaneo. Il sistema, forse, è sicuro. Ma taglia fuori così tante persone che prima o poi dovrà essere ripensato», conferma Mantellini.